Un banchetto alla fiera riporta indietro nel tempo. Pur senza il supporto del gazebo, abbiamo incontrato tanta gente ed è stato bello ritrovare il clima che appartiene ad un lavoro comune e ad un obiettivo condiviso.
Sacchetti con piantine, vassoi con il caffè e il thermos del thè caldo, cioccolatini che scandiscono le ore tra i momenti di calma e quelli di ressa.
Quattro chiacchiere con i passanti, amici, candidati di altri partiti e un sole di marzo ancora freddo.
E l’ascolto, vero, degli umori della gente.
Umori poco allegri, in verità, pur nel clima di festa.
Se chi vuole nominarsi i dirigenti senza laurea nè concorso ascoltasse i giovani ( spesso laureati) che guadagnano 700 euro lavorando 8 ore in piedi in mezzo ad una musica infernale,o proponendo contratti via telefono ad un popolo seccato e stanco, forse cambierebbe idea.
Ma per alcuni politici i privilegi per gli amici sono pane quotidiano e fanno benissimo coloro che stigmatizzano queste prese di posizione in modo chiaro e determinato. I balletti delle firme, i giochi di maggioranza ed opposizione interessano assai poco coloro che si aspettano soluzioni dai loro rappresentanti .
Un plauso, quindi, a chi tenta di evitare la discrezionalità nelle nomine e la “valorizzazione” delle risorse”amiche”.
Un tempo questi “amici”, queste “risorse”, si chiamavano clientes.
Dal Dizionario di storia antica e medievale:
CLIENTES
Nell’antica Roma, persone subordinate a un patrono. In cambio di protezione, assistenza giudiziaria e distribuzioni di cibo e denaro (sportula), procuravano al patrono voti alle elezioni e si arruolavano per lui. Il rapporto era ereditario, consacrato dalla pratica e dalla legge. Intere comunità divennero clientes dei generali romani che le avevano conquistate. Clientele si chiamano ancora in età contemporanea i gruppi di cittadini elettori che sorreggono i notabili politici ottenendone favori, in una rete di reciproci interessi (clientelismo)
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